ETERNO RIPETERSI BANALE al Teatro di Bo': parola al pubblico
- Segreteria DI BO'
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Al Teatro Comunale di Santa Maria a Monte (PI) Sabato 17 Maggio è andato in scena lo spettacolo Eterno Ripetersi Banale del Collettivo Compagnia A.D.D.A. di Livorno. Eterno Ripetersi Banale rappresenta il divertente tentativo di affrontare un’indagine filosofica con il linguaggio teatrale, sfondando continuamente la quarta parete.
Sul palco Matteo Ceccantini, Leonardo Ceccanti e Matteo Risaliti si sono occupati dell’intero processo creativo, partendo dal testo scritto da Leonardo Ceccanti quando studiava presso la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi. Il copione è stato successivamente riadattato insieme ai membri della Compagnia A.D.D.A., nata nel 2017 su iniziativa di giovani attori under 25, alla ricerca di un espediente creativo per veicolare le tematiche care alle nuove generazioni attraverso la recitazione teatrale, usufruendo del Nuovo Teatro delle Commedie di Livorno, gestito dall’associazione Pilar Ternera, per le prove.
Tutti con un solido background teatrale, gli attori in scena hanno elaborato tre personaggi-concetti, che si rivelano quali diverse modalità per affrontare il problema, tutte, però, parimenti inadeguate. Eterno Ripetersi Banale, infatti, inizia con la Didascalia che annuncia l’ingresso in un locale notturno di un uomo vestito di nero, come in un film noir, per incontrare un altro giovane uomo vestito di nero. Didascalia è in secondo piano, stante, davanti a un leggio, mentre Leonardo, seduto su uno sgabello di legno, attende che Matteo entri nella stanza, simboleggiata da un perimetro di nastro adesivo. La stessa scena si ripete sempre uguale e risulta quale gigantesco cliché: parola ritornello dello spettacolo, gli attori interpretano altri attori perennemente insoddisfatti del loro lavoro causa l’impossibilità di distaccarsi da cose già viste, già fatte. È possibile creare qualcosa di nuovo? Subito si manifesta al pubblico la prima questione dirimente. Tutto sembra scontato, banale, già visto, pertanto si avverte l’urgenza di evitare l’eterno ripetersi banale della vita. Allora si prova una nuova scena: il giovane uomo vestito di nero si versa un bicchiere di whisky e beve, ma siamo sicuri che basti dire al pubblico che c’è un bicchiere di whisky, affinché il pubblico veda un bicchiere con del whisky? La quarta parete si frantuma e gli attori instaurano un dialogo serrato con gli spettatori, che rispondono per alzata di mano e non solo. I personaggi, quindi, cambiano nome, grazie ai suggerimenti dalla platea, e la voce narrante di Matteo Risaliti cerca di offrire loro nuovi orizzonti per elaborare uno spettacolo degno ma nessuna proposta sembra calzante, perciò, esasperato dalla frustrazione, compie con un gesto eclatante e potentemente drammaturgico: frantuma il copione, emerge dal fondo del palcoscenico, strappa il nastro adesivo e grida “FINE!”, poi scende e si rifugia in una stanza. Dal momento in cui Matteo Risaliti entra nella stanza disegnata dal nastro adesivo, smette di soggiacere e rispondere alle richieste altrui per acquisire facoltà di autodeterminazione e diventa finalmente protagonista.

Il tentativo di mettere fine ai travagli interiori degli altri due artisti non raggiunge l’effetto desiderato, anzi, proseguono con i litigi in mezzo ai coriandoli bianchi. Il tempo scorre e rimangono solo 15 minuti per concludere una rappresentazione che gli stessi attori sembrano non sapere come terminare Leonardo Ceccanti, adesso ribattezzato Cip e Ciop, è determinato ad afferrare i suoi quindici minuti di celebrità prima che il suo volto divenga soltanto un ricordo sfumato nella mente degli spettatori. La seconda questione sviscerata sul palco, infatti, si annida nel sottotesto della prima parte dello spettacolo, essendo complementare e speculare alla questione di partenza. Come conservare l’identità individuale? “Dentro me c’è una persona smarrita che voglio ritrovare, perché sotto queste convenzioni, chiacchere e cliché ci sono io” ma questa coraggiosa dichiarazione d’intenti è esclude l’appartenenza a una comunità, poiché essere unici significa anche non essere riconosciuti. Matteo Ceccanti manifesta, invece, una tendenza antinomica, in quanto accetta di conformarsi pur di essere integrato.
Didascalia compare nuovamente in scena ma i meccanismi della grammatica teatrale si sono ormai contorti su se stessi ritorcendosi contro gli attori, che, alla fine, concludono lo spettacolo con le luci accese ma al buio, ponendosi ciascuno una mano davanti agli occhi ma lasciando il pubblico con un’ultima domanda: "qual è il tuo gusto di gelato preferito?"
Rimettendo le ultime considerazioni agli spettatori, la rottura dell’ illusione scenica rappresenta il punto di fuga dell’intera ricerca: per far finire lo spettacolo occorre che vengano meno le sue stesse condizioni di esistenza, radicate nella meraviglia e nella rispettiva ignoranza tra chi guarda e chi agisce.
La rappresentazione che, in base all’intervista fatta a Leonardo Ceccanti, risulta scaturita dalla volontà di esorcizzare la pressione che avverte un attore a perseguire novità sul panorama artistico, risulta in uno spettacolo esploso e coinvolgente che presenta con dirompenza la complessità della ricerca trattandola con leggerezza in una dimensione metateatrale.
Foto di Gianni Mattonai
I commenti del pubblico:
Lo spettacolo è stato confortevole. Quasi fosse una chiacchiera tra amici. Un po’ degenerata ad un certo punto, il che la rende più una chiacchiera tra amici seduti ad un pub dopo qualche birra di troppo.
Luca Telleschi
Il titolo rappresenta l'antitesi del modo in cui scorre il tempo durante la visione di questo spettacolo, che tutto è fuorché banale. Nonostante una scenografia spoglia, pochi cambi di luce e poche musiche di accompagnamento, lo spettacolo risulta divertente, dinamico e completo. Il pubblico viene coinvolto in modo diretto e contribuisce alla resa effettiva della rappresentazione, grazie alla capacità degli attori di improvvisare in momenti specifici della messa in scena. Sebbene la leggerezza sia protagonista, il giovane autore ci pone davanti a una profonda riflessione su quanto tutto ciò che viviamo è stato già vissuto in passato da qualcun altro, "cliché", questo ci porta a sentirci meteore, semplicemente di passaggio su questo mondo. Questo può arrecare frustrazione, può condurci ad inseguire costantemente l'innovazione, l'unicità. A mio parere il quesito con cui ci lasciano gli attori vuole essere un invito a riflettere su ciò che davvero desideriamo. In fondo, il cioccolato o la panna nulla hanno da invidiare al gusto "fico e noci" o al "tiramisù", perché ha davvero senso cercare sempre qualcosa di nuovo?
Daniela Parziale
Spettacolo insolito, vibrante e a tratti spiazzante. Molto interessante, piacevolissimo. Interpreti bravissimi, ottima interazione con il pubblico. Bello, bello.
Natalia Lomuscio
È uno spettacolo spassoso e innovativo. Pone domande congeniali e la ricerca dell'unicità finisce con un punto di domanda.
Manola Diomelli
"Eterno ripetersi banale" è ironico, leggero e originale. Mi sono sentita rappresentata da tutti e tre i personaggi in scena: ho percepito una parte di me nel personaggio "didascalia", poiché sono una persona che tende spesso a mettersi in disparte, anche se a volte riesco a superare questo mio limite ed a “strappare il copione”. Un altro mio aspetto si è riflesso nel personaggio "Napoleone", simbolo del desiderio di originalità e di trascendere la banalità; un personaggio animato dalla ricerca di qualcosa di unico o di un significato più profondo rispetto alla rappresentazione piena di cliché di un comune spettacolo teatrale. Infine, mi sono identificata con "Cip e Ciop" poiché ho una tendenza a vivere nel passato e una difficoltà nel distaccarsi da esso.
Elena Maltomini
Eterno ripetersi banale è uno spettacolo metateatrale molto originale e divertente. I tre attori in scena riescono sin dall'inizio ad attirare l'attenzione del pubblico coinvolgendolo spesso, in modo interattivo. Permettendo agli spettatori di partecipare attivamente, tramite la scelta dei loro nomi o dei temi di cui discutere, gli attori creano ogni volta uno spettacolo diverso. E che bello vedere dei giovani creare!
Anna Maria Giannini
Matilde Morandi
Ufficio Comunicazioni Pensieri di Bo' Cultura e Teatro APS
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